mercoledì 2 aprile 2014

Trovato in fondo al lago il relitto DUKW, anfibio della seconda guerra mondiale


Gruppo volontari del Garda - Nucleo sommozzatori

«Non lasciare mai alcun uomo dietro». Una sorta di mantra per i soldati americani che combattevano durante la seconda guerra mondiale sulle rive del Garda. Era il 30 aprile del '45. Mancavano due giorni al termine del conflitto. Un vento gelido soffiava verso la sponda est del lago, alle spalle del mezzo anfibio Dukw che quella notte doveva portare munizioni e rifornimenti per un reparto che aspettava all'ingresso di Torbole. A bordo c'erano 25 militari americani, tutti tra i 18 e 23 anni. Troppo carico quel mezzo, che conteneva un cannone da 74 millimetri, mitragliatrici e munizioni, un peso stimato di 9.475 libbre contro le cinquemila «tollerate». Affondò nelle acque gelide del Garda. Solo un militare riuscì a salvarsi aggrappandosi a un relitto: Thomas Hough, dell'Ohio, morto nel 2005. Saranno gelide come allora le acque del lago a dicembre, quando il relitto vedrà la luce. A riportarlo a galla sarà il nucleo sommozzatori del Gruppo volontari del Garda che, 10 mesi fa, ha trovato a sud di Riva il mezzo, posato sul fondale a 276 metri di profondità. Gli elmetti, le attrezzature, le divise forse ancora custodite all'interno del mezzo potranno far ritorno a casa, da quelle famiglie americane che, a dispetto del tempo, non hanno smesso di sperare, tanto da raccogliersi in una serie di associazioni che fanno riferimento alla 10th Mountain Division, l'unità dell'esercito americano che ha combattuto contro i tedeschi nel nord Italia, fino all'ultima settimana di guerra. Ci hanno provato più volte gli americani, negli anni scorsi, a individuare il relitto del Dukw. Hanno cercato lungo le sponde veronesi e bresciane e poi a Nord, fino alle sponde trentine, «ma non si sono mai spinti abbastanza al largo, dove era affondato quel mezzo», spiega Luca Turrini, responsabile ricerche subacquee dei Volontari del Garda. «È poggiato sul fondale», racconta, «non sprofondato grazie al peso, a differenza degli oggetti che i soldati avevano gettato fuori dal mezzo, nel tentativo di liberarsi di pesi e restare quindi a galla. Tra questi anche un cannone, mai ritrovato».


I volontari hanno provato a cercare quegli oggetti, grazie ai fondi raccolti dai discendenti dei soldati deceduti: quattromila dollari. Ma il groviglio dei cordini attaccati ai prismi di cemento abbandonati nei decenni nel lago ha impedito ai Rov, robot subacquei a comando remoto, di avvicinarsi al fondo. Tuttavia la speranza dei discendenti delle vittime non è venuta meno: corrispondenze, viaggi in Italia, raccolte di ulteriori fondi (2.500 dollari) sono continuate per riportare a galla il relitto. Perché l'elmetto che si intravede nelle immagini registrate dal robot e l'attrezzatura rimasta immobile all'interno dell'anfibio potrebbero appartenere a qualche loro caro, che per l'America ha perso la vita. «Abbiamo avvertito il dovere morale di riportare a galla la storia di questi 24 soldati», spiega Turrini, «perciò abbiamo progettato un metodo per far riemergere il relitto». Grazie al gancio di traino, ben visibile e raggiungibile, il mezzo verrà sollevato dal fondo fino a una ventina di metri di profondità. A questo punto sarà imbragato, portato a galla e trainato fino a riva. I Volontari del Garda stanno prendendo contatti con la Provincia di Trento, allo scopo di avere i supporti necessari per questa operazione. «Tecnicamente in due giorni ce la potremmo fare», sottolinea Turrini, «serve però tempo per l'organizzazione. Tuttavia credo che per la fine dell'anno l'operazione potrebbe essere portata a termine». Si stanno prendendo contatti anche con il museo dell'Alto Garda di Riva, dove verrebbe esposto il relitto. Tutti gli altri oggetti che i 25 soldati avevano gettato non verranno più a galla. Il Garda li ha inghiottiti e non li restituirà. Solo una lettera si salvò: William Morrison, 20 anni, contadino, l'aveva consegnata prima di salire sul Dukw a un collega rimasto a terra. Il finale diceva così: «Mamma, spero tanto di tornare a casa».


Dal giornale L'Arena del 26/09/2013